Con l’emanazione del D.lgs. 26 ottobre 2020, n.147 il legislatore ha introdotto importanti disposizioni integrative e correttive al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, di cui al D.lgs. 14/2019. Il decreto si propone di rettificare il testo del Decreto originario cercando di dare concreta attuazione alla nuova riforma fallimentare che interessa soprattutto le piccole e medie imprese. Nella realtà dei fatti, le novità avrebbero dovuto essere pienamente operative a partire da agosto 2020 ma si è avuto un primo slittamento di sei mesi, a febbraio 2021, e su alcune disposizioni, anche in considerazione della situazione legata alla pandemia, un secondo slittamento a settembre 2021. L’obiettivo dichiarato della nuova normativa è quello di salvare le imprese e la loro continuità e limitare solo a casi eccezionali il ricorso allo strumento liquidatorio.
Ma cosa significa crisi d’impresa? Per rispondere bisogna considerare anzitutto l’art.2 del D.lgs. 147/2020 dove la nozione di stato di crisi viene corretta e considerata come “squilibrio economico-finanziario” dell’impresa così da rendere probabile l’insolvenza del debitore. In sostanza è stata preso quale parametro di base la non sostenibilità dei debiti per i 6 mesi successivi e l’assenza di prospettiva di continuità. In precedenza la crisi era semplicemente rappresentata dalla “difficoltà economico-finanziaria” dell’impresa, definizione ritenuta troppo generica. Nel medesimo articolo vengono poi differenziati lo stato di insolvenza e il sovra-indebitamento: il primo è lo stato del debitore che non è più in grado di adempiere regolarmente e con mezzi normali alle proprie obbligazioni, il secondo configura uno stato di crisi o di insolvenza che riguarda però una serie di soggetti specifici, quali il consumatore, il professionista, l’imprenditore minore, l’imprenditore agricolo e le startup innovative.
È importante sottolineare che, con la riforma fallimentare, non soltanto si vogliono mettere le imprese nelle condizioni di individuare una “crisi” fin dai primi segnali, ma si opera anche un cambiamento dei termini utilizzati in questo ambito. Il nuovo testo, infatti, elimina le parole “fallimento” e “fallito”, sostituite da “liquidazione giudiziale” e “debitore”, adeguamento ispirato all’approccio anglosassone.
Le principali novità in termini di rivisitazione della normativa attengono però a due concetti chiave: la procedura di allerta e l’assetto organizzativo. Nello specifico, oltre alla modifica della nozione di stato di crisi, ci si è soffermati fondamentalmente sulla procedura di allerta, sulla creazione dell’Organismo di Composizione della Crisi (OCRI) e sulla definizione di nuovi indicatori di crisi. La procedura di allerta è volta a evidenziare la crisi, così che venga approcciata una soluzione prima che la situazione sfoci in insolvenza. L’art. 15 del D. lgs. 14/2019 dispone che l’Agenzia delle Entrate ha l’obbligo segnalare al debitore non solo che la sua esposizione debitoria ha superato un importo rilevante ma anche che verrà effettuata la segnalazione all’OCRI qualora, entro 90 giorni dalla ricezione dell’avviso, non provveda a regolarizzare la situazione ovvero a presentare istanza di composizione assistita o domanda per l’accesso ad una procedura di regolazione della crisi e dell’insolvenza. Il decreto correttivo ha significativamente modificato le soglie che impongono all’Agenzia delle Entrate di effettuare la segnalazione.
Il sistema di allerta, finalizzato, come detto, all’affioramento anticipato della crisi delle imprese mira a configurare un quadro economico stabile caratterizzato da fluttuazioni fisiologiche, all’interno del quale la “posizione” delle imprese non sia influenzata dalla crisi e vi sia la possibilità di concentrare gli strumenti predisposti dal Codice sulle imprese che presentino criticità. In una situazione come quella attuale, il ricorso al sistema di allerta non avrebbe permesso di identificare le reali situazioni di crisi (trattandosi di una crisi generalizzata) ed è questo il motivo principale per il quale si è avuto il secondo slittamento a settembre 2021.
Cos’è l’OCRI? Più volte è stato citato nel corso della trattazione, ma risulta importante saperne di più. Il nuovo Codice della crisi di impresa ha definito la creazione di un organismo stragiudiziale istituito presso ciascuna Camera di Commercio con il compito di ricevere le segnalazioni di crisi. Dopo aver ricevuto il rapporto, il compito dell’ente è gestire le procedure di allerta e assistere gli imprenditori nel completamento delle procedure ausiliarie di risoluzione delle crisi. La funzione dell’OCRI è necessaria per risolvere rapidamente la situazione di crisi. La durata della procedura di allerta varia tra i 90 e i 180 giorni e questo è il tempo limite perché l’impresa, opportunamente assistita, arrivi a una soluzione dello squilibrio finanziario. Oltre i sei mesi, dunque, si dovrà procedere con la liquidazione.
L’altro pilastro, accanto stato di allerta sinora esaminato, riguarda l’adeguatezza dell’assetto organizzativo. Questo elemento, invero, non è una novità per le imprese. Già la Riforma delle Società del 2003 aveva introdotto il concetto dell’assetto organizzativo nell’ambito dei compiti del Collegio Sindacale. La nuova normativa prevede espressamente che dal 1° settembre 2021 tutte le aziende saranno obbligate a tenere monitorato il proprio stato di salute con dei parametri precisi e definiti: gli indici di allerta (detti anche anticrisi). Questi indicatori sono di portata estesa e costituiscono l’oggetto delle segnalazioni obbligatorie da parte di sindaci e revisori, utili a dimostrare l’assenza della sostenibilità del debito nei successivi sei mesi, pregiudizio per la continuità aziendale.
Nell’ottica di cercare di minimizzare la possibilità di “falsi positivi” (imprese segnalate che poi non genereranno insolvenza) o “falsi negativi” (imprese non segnalate che andranno incontro a insolvenza), sono stati elaborati una serie di indici di natura quantitativa, tra loro confrontabili ed una sequenza gerarchica di sette parametri. Anzitutto, la crisi diventa ipotizzabile se il patrimonio netto diventa negativo. Viene poi introdotto il DSCR (Debt service coverage ratio) che valuta la capacità prospettica di sostenibilità dei debiti a sei mesi con diverse soglie critiche da valutare. Se il patrimonio netto è positivo e il DSCR non è disponibile o non sufficientemente affidabile, vengono adottati cinque indici con diverse soglie a seconda del settore di attività:
– indice di sostenibilità degli oneri finanziari, in termini di rapporto tra oneri finanziari e fatturato
– indice di adeguatezza patrimoniale, in termini di rapporto tra patrimonio netto e debiti totali
– indice di ritorno liquido dell’attivo, in termini di rapporto da cash flow e attivo
– indice di liquidità, in termini di rapporto tra attività a breve termine e passivo a breve termine
– indice di indebitamento previdenziale e tributario, in termini di rapporto tra l’indebitamento previdenziale e tributario e l’attivo.
Gli indici sopra citati danno indicazioni di uno stato di crisi finanziaria che deriva ovviamente dalla gestione aziendale e quindi il “luogo” in cui andare ad indagare le ragioni profonde di una potenziale situazione di crisi è quello del sistema organizzativo interno, fatto di processi e procedure, e dello scambio che l’impresa pone in essere con l’ambiente esterno, a cominciare da clienti e fornitori per giungere a tutti gli altri interlocutori aziendali.
Per tale ragione è fondamentale che le aziende si dotino o potenzino un sistema di controllo di gestione. Il CDG, che dovrebbe già rappresentare la bussola con la quale orientarsi negli attuali scenari caratterizzati da una grandissima complessità, assume un ruolo centralissimo nella nuova normativa sulla crisi d’impresa. E’ opportuno affidarne la guida a professionalità con adeguato background che possano supervisionare l’adeguato assetto in termini di pianificazione strategica e operativa, budgeting e reporting, nonché organizzazione e gestione processi. L’obiettivo è quello di monitorare costantemente la gestione aziendale fornendo una periodica rendicontazione ai soggetti decisori all’interno dell’impresa affinché la prua della nave sia orientata verso la direzione più utile alla creazione di valore nel tempo.
dr. Giovanni Ciuchi
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